INDIGNATION. Una giovane mente sfida l’oppressione dell’America anni ’50. La recensione da Berlino

Da un romanzo di Philip Roth un ragazzo oppresso dai genitori trova la forza di ribellarsi grazie all'incontro con una ragazza. Nei panni dei protagonisti Logan Lerman e Sarah Gadon

Il debutto alla regia del produttore James Schamus da un romanzo di Philip Roth

C’è una certa tragica determinazione nel destino del giovane e geniale Marcus Messner, che per sfuggire alla cura opprimente dei suoi genitori (esasperata dalla paura che il figlio finisca a morire come tanti coetanei nella guerra di Corea) finisce per rifugiarsi in un college in Ohio, dove il preside Caudwell impone una disciplina e un controllo ancora maggiori. Per il solitario e introverso Marcus solo l’incontro con la bella e apparentemente esperta Olivia sembra aprire uno spazio di libertà che a Marcus pare inizialmente quasi spiazzante. Ma sfuggire alle proprie radici e al proprio ambiente, anche se si vive in nome della libertà di pensiero di Bertrand Russel, non è così semplice.

«Mi avevano licenziato, mia figlia era partita per il college e io non avevo voglia di essere uno di quei vecchietti che stanno a casa a fare nulla» esordisce Schamus con una certa ironia, riferendosi al suo passato di produttore di film indipendenti con la Focus Features (tra i suoi tesori Far from Heaven di Haynes e A Serious Man dei Coen). Una lunga esperienza che si riflette bene nella padronanza che il neoregista dimostra di avere del mezzo, tanto da riuscire a ricostruire con credibilità ed eleganza un’epoca e un’atmosfera che Roth aveva evocato sulla pagina scritta rifacendosi in parte ai suoi anni di college.

«Nell’adattare Roth c’è sempre di mezzo un fear factor, un momento di panico per la difficoltà di confrontarsi con la sua persona meta-letteraria, ma in questo romanzo ho trovato una sorta di tragica innocenza nella storia di Marcus, e in quella di Olivia, due persone che si trovano, ma non capiscono di essersi trovate se non troppo tardi»

La riuscita del film, tuttavia, dipende molto dalla scelta felicissima del suo interprete, Logan Lerman che dopo le eccellenti prove di Noi siamo infinito  e Fury incarna alla perfezione l’intensità repressa del protagonista, che esplode nel confronto con il Preside in una scena che è il cuore dell’intero film.

Marcus, ebreo di nascita, ma ateo per convinzione, non accetta di vedersi imposto il coinvolgimento con un mondo e dei valori che non gli appartengono, ma resta imprigionato nei rapporti familiari in cui è cresciuto, scivolando in un compromesso che lo dilania e lo allontana da Olivia.

«Continuo a cercare ruoli che mi permettano esplorare lati nuovi della mia personalità» conferma Lerman alla conferenza stampa, dove si concede ai giornalisti (e tra loro trova anche molte giovani fan) con la stessa generosità per cui Schamus dice di averlo scelto come interprete.

A fargli da controparte Sarah Gadon (vista accanto a Luke Evans in Dracula Untold e prossimamente nella serie televisiva 11.22.63), che parla del suo personaggio come di «una outsider, che trova la sua espressione di libertà non solo nel sesso, come sarebbe banale pensare,  ma anche nella letteratura francese, che le sembra rappresentare una via d’uscita da un mondo che non la accetta e non la ama».

Un mondo che Schamus dipinge con colori brillanti e accompagna con una musica coinvolgente, ma che non esita a raccontare come luogo di oppressione a tutti i livelli… un luogo troppo piccolo per la mente e il cuore del coraggioso Marcus.

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